Nel 1975 il Comune di Sciacca, un piccolo centro di 40.000 abitanti in provincia di Agrigento, affida all’illustre architetto Giuseppe Samonà l’incarico per la progettazione di un Teatro Popolare da inserire nel complesso termale esistente, già attivo dagli anni Venti. I lavori per la realizzazione dell’opera iniziano nel 1978 per poi interrompersi nel 1982. Da quella data a oggi il teatro aspetta di essere terminato e usato. Nel 2005 la Regione Sicilia stanzia un finanziamento di 8,5 milioni di euro per il completamento dell’opera e dopo tre anni, nel 2008, si consegna il cantiere all’impresa aggiudicataria. I lavori, iniziati dopo due anni, nell’aprile del 2010, dovevano terminare entro marzo 2012, ma ancora oggi, a distanza di trentotto anni dall’apertura dei cantieri, il teatro è ancora in attesa di essere completato e di essere totalmente messo in uso.
La ricerca di Giulia Menzietti affronta la stagione del dopoguerra italiano attraverso l’indagine su alcune celebri architetture, realizzate tra i primi anni Sessanta e Ottanta. Questo paesaggio di rovine diviene un testo attraverso il quale riflettere su alcuni fattori cruciali di quel periodo, come il rapporto tra architettura e politica, il ruolo degli architetti, la contraddizione tipica di quel tempo tra ricerche molto radicali e costruzioni molto tradizionali. La ricerca intreccia diversi livelli di lettura, che tengono insieme questi aspetti con molti temi cruciali del nostro tempo: l’interesse per il waste architettonico, la questione dell’heritage, la preservation applicata al contemporaneo e la gestione della legacy culturale di una generazione di “eroi” finora mai messa seriamente in discussione dal punto di vista dei suoi lasciti materiali